martedì 28 dicembre 2021

Pandemia e potere

Ci stiamo avviando verso la fine dell'anno e osiamo una lettura di tipo politologico, sullo stato dell'arte e sulle prospettive.
Prendo spunto da una foto, che io definirei la foto dell'anno, quella che ritrae un signore che nel corso dell'estate fa il bagno in mare con la mascherina chirurgica, quella antipandemica.
Non credevo ai miei occhi quando fui testimone diretto di un episodio di questo tipo accadutomi su una spiaggia del litorale Adriatico; credevo che quello che stavo vedendo fosse l'effetto di un colpo di sole, soprattutto, e sottolineo soprattutto, perchè sulla spiaggia, tutto era surreale, c'era cioè l'assoluta indifferenza dei bagnanti, di fronte ad un'immagine che invece a me sembrava a dir poco allucinante.
Un episodio, un'immagine piccola, ma, perlomeno per quanto mi riguarda, con la potenza dirompente di un raggio laser che squarcia le tenebre e ci illumina su come il potere, nelle sue varie diramazioni, lobbistica, economica, politica, mediatica, riesca a manipolare, a manomettere, a modificare geneticamente organismi e creare in questo modo un terreno di coltura fertile, funzionale a stabilizzare il primato delle élites, appena citate, sulla sovranità popolare.
Questo è il succo e in estrema sintesi la lettura politologica che ricavo dall'episodio, che adesso però vado ad argomentare.
L'analisi verterà sul rapporto tra pandemia e potere.
Innanzitutto non vorrei essere frainteso; che i presìdi sanitari in senso lato, vaccini e quant'altro, abbiano avuto una funzione, mi pare un dato di fatto inconfutabile, nonostante tutte le incongruenze, le forzature o i limiti di efficacia; proprio per questo motivo però, cioè per la rilevanza che tali presìdi hanno avuto in questa fase storica, insieme alle regole restrittive anti pandemiche che hanno inciso fortemente sulla vita e giocoforza anche addomesticato la collettività, proprio per questo motivo probabilmente si proverebbe da parte dei sopracitati centri decisionali, questa però rimane un'opinione mia e in quanto tale opinabile, si proverebbe ad andare oltre il tema sanitario e sfruttare l'occasione e il bacino d'utenza vasto, così creato e in qualche modo addomesticato dalle regole anti pandemiche, per arrivare ad una rimodulazione del rapporto tra il potere e il popolo, che veda ad esempio prevalere il fattore consenso sul fattore partecipazione, traducibile in "più delega", meno "spinta autonoma e propulsiva", "meno impegno in prima persona": questo è il punto.
Quindi ecco, siamo entrati con tutti e due i piedi dentro la riflessione politologica e colto i due fattori decisivi per le democrazie, fattori che però potrebbero entrare in rotta di collisione da qui in avanti: consenso e partecipazione.
Potrebbe essere, uso sempre il condizionale, che l'addomesticamento fisiologicamente prodotto sulla collettività dalle restrizioni anti pandemiche, offra l'opportunità alle élites, cioè alle varie diramazioni del potere di cui prima ho detto, per gettare le basi per una declinazione nuova del concetto di democrazia, diversa da quella del passato, declinazione diversa, peraltro già oggi attuata, mi pare di poter dire, nell'ambito dei cosiddetti autoritarismi, prevalentemente orientali, come ad esempio quello cinese.
Il presidente cinese proprio nel corso di questo mese ha parlato del concetto di democrazia, del suo concetto di democrazia, affermando che non si può avere democrazia senza il consenso popolare e qui come vediamo ritorna il fattore "consenso".
Viceversa le democrazie occidentali mantengono, perlomeno sulla carta, il fattore "partecipazione" come asse portante, salvo poi operare sotto traccia per ridimensionarlo; tant'è che qualche illustre intellettuale, avendo colto tale ridimensionamento, arriva ad ammonire: "la democrazia non è uno sport da spettatori, se tutti stanno a guardare e nessuno partecipa, non funziona più". (cit.: Michael Moore regista).
Quindi noi vediamo che se da un lato, cioè in oriente, si ammette apertamente quale possa essere la propria interpretazione del concetto di democrazia, dall'altro lato, cioè in occidente, il passaggio dalla democrazia della partecipazione a quella del consenso, cioè il passaggio dall'impegno propulsivo in prima persona, alla delega assoluta, che è una tendenza da me percepita ma che non è detto che sia fondata sia chiaro, si fa in modo per così dire subdolo, non dichiarato; ed è in questo contesto occidentale quindi, che la diramazione mass mediatica del potere, diventa decisiva, assume ruolo di vero e proprio influencer elevato all'ennesima potenza e utilizzando tecniche di comunicazione per così dire martellanti, arriva a condizionare la vita della collettività, persino a modificare geneticamente organismi e spingerli addirittura in mare con mascherina chirurgica, loro malgrado oserei dire.
Vediamo quindi che siamo riusciti a trovare il nesso tra quell'immagine piccola e la prospettiva grande.
Avviandomi alla conclusione posso dire questo.
Non c'è dubbio che le cosiddette democrazie occidentali non abbiano dato buona prova finora, le burocrazie sono pachidermiche, la forbice tra benestanti e povertà sembra allargarsi sempre di più e si potrebbe aggiungere altro; viceversa i cosiddetti autoritarismi prevalentemente orientali, mi pare che abbiano dato buona prova, poichè possono contare su un assetto istituzionale più agile, più adatto a vincere le sfide del mercato globale e anche ad affrontare le emergenze, difatti hanno prodotto progresso economico e sociale nelle aree di riferimento, in tempi relativamente rapidi.
Forse, e dico forse, è proprio per questo motivo che oggi ad occidente si prenda spunto da quegli assetti istituzionali, più rapidi ed efficienti, non so se ciò possa essere o meno un auspicio, per provare ad imitarli e replicarne in qualche modo i successi.
In ogni caso c'è un rischio, sia in caso di successi sia in caso d'insuccessi delle politiche, la collettività si ritroverebbe ad essere sempre di meno artefice delle proprie vicende: questo è il punto, questa è la prospettiva secondo me.
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